Quando parliamo di bullismo è fondamentale chiarire che non si tratta né di uno scherzo e né di un litigio. Uno scherzo è un evento divertente, che non ha intenzione di ferire e ammette reciprocità (si ride insieme). Un litigio è un dissidio occasionale che nasce intorno ad una incomprensione o a un disaccordo, riguarda due persone che sono sullo stesso livello (hanno lo stesso potere, una attacca e l’altra reagisce) ma non è ripetuto nel tempo (ha un inizio e una fine).

Perché si possa correttamente parlare di bullismo, devono sussistere 4 precisi requisiti:

  1. Il comportamento deve essere intenzionale: il comportamento aggressivo viene agito consapevolmente e volontariamente.
  2. Il comportamento deve persistere nel tempo: il comportamento viene agito più volte e si ripete nel tempo.
  3. Deve esserci un’asimmetria nella relazione: fra le parti coinvolte, bullo e vittima, c’è una differenza di potere, dovuta o alla forza fisica o all’età o alla disuguaglianza numerica (un individuo contro il gruppo); la vittima non è in condizioni di difendersi e sperimenta un forte senso di impotenza.
  4. Frequentemente, i fenomeni di bullismo avvengono in presenza di spettatori, di un gruppo.

Quindi il bullismo è una relazione fatta di prepotenze ripetute, sempre tra le stesse persone, in una situazione di squilibrio di forze, dove chi ha il potere lo utilizza volutamente per ferire il più debole.

Si identificano diverse forme di bullismo a seconda della tipologia di azioni che vengono messe in atto:

  • Diretto: comportamenti che utilizzano la forza fisica per danneggiare l’altro (spingere, picchiare, far cadere, dare pugni). Questo tipo di bullismo è facile da identificare e ha storicamente ricevuto più attenzione rispetto ad altre forme più sottili.
  • Verbale: comportamenti che utilizzano la parola per far soffrire, svalutare, disprezzare, divertirsi e arrecare danno alla vittima (offese, prese in giro, soprannomi). Questo tipo di bullismo è spesso molto difficile da identificare, perché meno evidente, ma molto pericoloso.
  • Indiretto: comportamenti che hanno il fine di danneggiare la vittima nella relazioni con gli altri. Sono comportamenti spesso poco visibili, subdoli e insidiosi, che portano all’esclusione e all’isolamento della vittima attraverso la diffusione di pettegolezzi, maldicenze dicerie sul suo conto. Questo tipo di bullismo è quello preferito dalle ragazze.
  • Discriminatorio: consiste nel prendere di mira qualcuno che viene ritenuto diverso per svariati motivi, tra cui le scelte sessuali, il paese di provenienza o la religione.
  • Estorsivo: consiste nell’ottenere con la violenza oggetti o denaro di proprietà della vittima.

I soggetti che prendono parte agli episodi di bullismo sono:

  • Bullo: chi prende attivamente l’iniziativa o comanda e dirige gli altri nel fare prepotenze.
  • Vittima: chi subisce le prepotenze.
  • Aiutante del bullo o gregario: chi agisce in modo prepotente su ordine e su indicazione del bullo (sono gli amici, i seguaci del bullo).
  • Aiutante della vittima: chi prende le difese della vittima consolandola o cercando di far cessare le prepotenze.
  • Sostenitori o rinforzi: chi rinforza il comportamento del bullo ridendo, incitandolo.
  • Spettatori: chi non fa niente e assiste in silenzio evitando il coinvolgimento diretto o indiretto in una situazione di prepotenze, svicola per paura o per indifferenza. Il loro silenzio non fa che avvallare la condotta del bullo, che si sente legittimato a proseguire.

Il bullismo quindi non riguarda soltanto l’interazione tra due soggetti, ma deve essere considerato come un fenomeno di gruppo. Il ruolo del gruppo è determinante: senza il suo apporto la maggior parte del bulli si sgonfierebbe in breve tempo. E infatti le strategie in materia di contrasto al bullismo si focalizzano proprio sul ruolo del gruppo e sull’importanza che quest’ultimo può assumere nel corso di un’aggressione: a seconda della loro condotta, gli spettatori possono rappresentare un facilitatore, alimentando l’aggressività e la violenza del bullo, oppure un deterrente, riducendo fino a eliminare completamente la carica aggressiva.

Chi si trova a subire atti di bullismo tende a non raccontare nulla tenendosi tutto dentro, e quindi per riconoscere questo disagio e aiutare la vittima dobbiamo imparare a riconoscere alcuni segnali che potrebbero rappresentare un campanello d’allarme:

  • Ostilità improvvisa verso la scuola, scuse per non andarci o richiesta di essere accompagnato o andato a prendere.
  • Richieste troppo frequenti di denaro o sparizioni di oggetti o capi di abbigliamento.
  • Stato di tensione, agitazione, tristezza, emotività ingiustificata al ritorno da scuola.
  • Presenza di lividi, graffi, tagli agli indumenti.
  • Incubi, sonno disturbato, enuresi notturna.
  • Assenza di amicizie.
  • Rifiuto di raccontare lo svolgimento della giornata scolastica.

In presenza di uno o più di questi sintomi, è necessario indagare con attenzione e discrezione, cercando di fare parlare il ragazzo o la ragazza il più possibile. Dopo aver parlato con i ragazzi è necessario affrontare la questione con i referenti della struttura (scuola o palestra). Al tempo stesso sarebbe bene lavorare con i ragazzi per migliorare la loro autostima e nei casi di isolamento sarebbe utile lavorare per migliorare le loro relazioni sociali, spingendoli a frequentare nuovi amici.

Per contrastare il bullismo occorre comprendere che:

  • Qualsiasi intervento che non coinvolga attivamente scuola – famiglia – gruppo dei pari è destinato a fallire.
  • I bulli sono ragazzi in difficoltà che possono essere recuperati con interventi educativi più che repressivi.
  • Quello che resta impresso ai ragazzi non sono le parole, ma l’esempio concreto che quotidianamente viene mostrato loro: è inutile raccomandare a un ragazzo di essere corretto, educato e rispettoso se poi gli adulti intorno a lui sono irascibili e violenti (in macchina, con il personale di servizio, nella coppia o con i figli). Per combattere il bullismo è necessario partire da noi stessi, dal nostro comportamento e dal nostro modo di rapportarci con gli altri.
  • E’ importante aiutare i ragazzi a capire gli altri, a identificarsi con loro, a sviluppare l’empatia che è credo la principale arma contro il bullismo. Dobbiamo insegnargli che è loro preciso dovere intervenire per aiutare un amico o un altro ragazzo in difficoltà: per intervenire a sostegno di una vittima non c’è bisogno di un eroe in grado di affrontare fisicamente i bulli, ma c’è, invece, la necessità di qualcuno che abbia il coraggio di esprimere pubblicamente il proprio dissenso, invece di fare il pubblico muto oppure, andare immediatamente a cercare aiuto. Aiutare un amico non significa necessariamente mettersi in una situazione di rischio, ma piuttosto usare la testa per individuare la soluzione con il miglior rapporto rischi/benefici e metterla in atto.